BREVE STORIA DI BOSCO
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Bosco
nacque durante il tardo impero Romano come Media Silva. Probabilmente
come stazione lungo la strada Levata
che allora era chiamata via Aemilia. Diciamo
probabile perché non si sa con certezza se era una stazione intermedia di
passaggio, oppure un semplice villaggio di allora sito nelle vicinanze
della via Emilia. Dopo la caduta dell’impero romano i Longobardi
trasformarono Bosco in una fortezza a dominio della grande pianura che
oggi chiamiamo Fraschetta. Cambiarono pure il nome dal latinizzato
Media Silva a
Bosco. Tale
pianura allora completamente ricoperta dai boschi, con la caduta dei
Longobardi prima e dei Franchi dopo divenne terra di confine tra Milano,
Genova, il Monferrato e Torino. Fu in quel periodo intorno al mille che
Bosco diventò un fortezza di prim’ordine con tanto di possenti mura
aventi lo sviluppo di un chilometro e più, un largo fossato che lo
attorniava , tre porte a volta, dodici torrioni di cui l’ultimo che si
conserva è l’attuale campanile della chiesa parrocchiale dei Santi
Pietro e Pantaleone, due castelli interni, sorti in epoche diverse, uno
detto di Castelvecchio, che era il più antico e sorgeva sopra i
muraglioni che sovrastano la Valgelata, l’altro detto di Castelnuovo,
che si trovava dove ora si trova il centro ricreativo comunale della Pro
Loco e un terzo castello fuori le mura dove più o meno oggi c’è il
ristorante San Pio V. Fino al millecinquecento Bosco conserva il suo stato
di fortezza raccogliendo attorno a se molte case e cascinali di contadini
che lavoravano la terra naturalmente la maggioranza di essi con il sistema
della servitù della gleba. Nel
1504, il 17 di gennaio, vi
nacque Antonio Ghislieri che fu poi papa Pio V boschensis. Nel
1537 Carlo V, ascoltando le proposte degli alessandrini, diede ordine di
smantellare il forte di Bosco. Avevano il timore che in caso di assedio
della città, il forte di Bosco poteva essere usato, dagli assedianti,
come base contro Alessandria. Furono tolti i cannoni, abbattute alcuni
tratti di mura. Furono tolti i ponti levatoi e il materiale di risulta
cominciò a riempire i fossati che cingevano le mura. Iniziava a quel modo
la distruzione del più bel
complesso edilizio che la fraschetta avesse mai avuto. Nel 1642 il conte
spagnolo di Sirvela, comandante la piazzaforte di Milano,
diede ordine di demolirlo totalmente. Furono abbattute le torri
conservandone una sola che oggi è la torre campanaria della chiesa
parrocchiale e le muraglie verso l’Erzano. Poi dato l’appalto ad un
boschese di completare l’opera il forte finì per essere abbattuto del
tutto. Restarono i bastioni e gli archi delle tre porte d’entrata.
Alla fine nel 1814 furono abbattute anche questi. Del forte
di Bosco rimasero solo i bastioni che ammiriamo ancora oggi. Nel
1566 venne eletto a Sommo Pontefice Antonio Ghislieri che assunse il nome
di papa Pio V boschensis. Diede
subito disposizione, secondo un suo desiderio, di costruire, fuori le
mura, un convento domenicano dedicato a Santa Croce e tutti i Santi, che
ricalcasse le direttive del concilio tridentino. Tale opera finì con la
sua morte e non fu più continuata. Però la struttura è notevole e ci
abitarono i frati domenicani fino all’epoca napoleonica. Nel ‘600 Bosco fu perseguitato da una sorte funesta a seguito di una infinità di guerre che eserciti contrapposti combattevano da quelle parti. Naturalmente questi eserciti con diverse scuse e accuse vili si dedicavano alla razzia di tutto ciò che serviva come vettovagliamento delle truppe. Il convento di Santa Croce ed Ognissanti fu assaltato dalla truppa di un esercito che assediava Tortona, e spogliato di ogni cosa. Raccontano il Della Valle e il Buzzone che fu distrutto tutto quello che non si poteva portar via. Le botti di vino delle cantine furono rotte e il vino lascito defluire per terra, violentate le donne, sequestrati religiosi, spogliata la biblioteca. Fu
un disastro totale. Ma non era ancora finita. Arrivò la peste del 1630 di
memoria manzoniana. Morirono una persona su due e portati nel lazzaretto
che fu ubicato nei prati dopo il mulino. Dopo la peste fu eretta la chiesa
del Crocefisso. I morti probabilmente sono sepolti da quelle parti. Si arrivò di tragedia in tragedia fino alla Rivoluzione Francese. Con la speranza di una vita nuova portata da idee illuministiche. Purtroppo arrivò Napoleone che diede il colpo di grazia a Santa Croce depredandola di tutto quello che aveva resistito alle precedenti spogliazioni. La
vita dei boschesi comunque non fu ne peggiore ne migliore di tanti esseri
umani sparsi per l’Italia e per l’Europa di allora. Vigeva la servitù
della gleba come forma dominante di produzione agricola, dove il ricavato
dei contadini era il dieci per cento della produzione,
trasformandosi poco alla volta in mezzadria, dove il ricavato era
il cinquanta per cento della produzione,
che arrivò fino alla seconda guerra mondiale. Strano ma vero. Però i contadini potevano cominciare ad
avere piccole proprietà di terra soprattutto dopo la Rivoluzione
Francese. Si formò così un’economia domestica basata sull’allevamento
del pollame, del maiale, del bestiame domestico, la coltivazione della
vite fino al settecento quando una epidemia di Peronospora distrusse tutti
i vigneti. Solo molti anni dopo i contadini di Bosco ripresero a produrre
vino per il loro consumo personale. Si dotarono di piccole vigne in
grado di produrre trenta o quaranta brente di vino per famiglia così
avevano da bere qualcosa di più puro dell’acqua. Il sistema delle vigne
familiari fu in uso fino alla seconda guerra mondiale dopo di che andò
completamente in disuso. L’ultima vigna di Bosco, che fu spiantata, fu
quella di mio padre che resistette fino alla meta degli anni sessanta. Un'altra
attività economica integrativa alla famiglia e al lavoro in campagna fu l’allevamento
del baco da seta. Arrivò con i veneziani che lo importarono dall’Impero
Bizantino il quale a sua volta lo aveva importato dalla Persia che a sua
volta lo aveva importata dalla Cina patria d’origine del baco da seta.
Per allevare i bachi da seta la campagna boschese e tutta la campagna
della pianura Padana fu riempita di gelsi. Queste piante arrivarono in
Italia con il baco da seta. Per
la precisione il gelso dai frutti scuri “ morus nigra “ è di origine
persiana mentre il gelso dai frutti bianchi “ morus alba” è di
origine cinese. La
coltura del baco da seta fu in uso fino alla seconda guerra mondiale dopo
di che fu abbandonata. Io stesso vidi da piccolo allevare bachi in
famiglia fino alla fine degli anni quaranta. Dopo l’epoca napoleonica
Bosco fece parte del regno sabaudo e visse da allora una vita tranquilla
sotto la protezione dei Savoia e non più una vita di frontiera. Nel
1865 assunse l’acronimo di Marengo e si chiamò definitivamente
Bosco Marengo. All’inizio
del ‘900 un’altra tragedia colpì Bosco e tutt’Italia. La prima
guerra mondiale. Partirono per il fronte ottocento uomini i più sani, i
più forti, i più produttivi, lasciando a casa solo donne, vecchi,
bambini e i raccomandati. Per
tre lunghi anni le campagne furono lavorate dalle donne e dai vecchi
mentre i giovani combattevano e morivano sul fronte. Ne morirono
sessantadue e alcune famiglie ebbero addirittura la morte dei due
fratelli. Con
il fascismo e la politica dei grani lanciata da Benito Mussolini cominciò
per Bosco una lenta ripresa che tutt’ora è in corso. La produzione di
grano per staio boschese ( 620 m2 ) passò dai 50 Kg del 1925
tutti prodotti con il lavoro manuale ai 450 Kg degli anni duemila. Il
lavoro fu di molto sollevato con l’introduzione delle macchine per il
lavoro terra di cui ne fu indiscusso protagonista il trattore a testa
calda, un diesel a due tempi che andava con qualsiasi tipo di combustibile
fossile. Dal
recente passato, Bosco è sotto una nuova emergenza. L’ambiente dei
prati e dei campi ha subito negli ultimi cinquant’anni un degrado da
abbandono e da antropizzazione vergognoso. Il
vecchio mondo contadino che ha resistito fino alla fine degli anni
cinquanta ha lasciato il posto ad un mondo nuovo dove alle logiche della
produzione e del mantenimento
dell’ambiente come patrimonio produttivo si è sostituito la logica del
profitto cieco e momentaneo lasciando andare in malora l’ambiente
agreste non più considerato un patrimonio famigliare ma risorsa da
sfruttare spendendo il meno possibile,
riducendo ad uno stato pietoso quella che era una delle più belle
campagne conosciute. Oggi
all’inizio del terzo millennio comincia per Bosco una nuova era.
Lentamente stà prendendo coscienza la tutela dell'ambiente e si da vita
ad una serie di iniziative nuove e moderne che dovrebbero, nel tempo,
risolvere in parte il problema del territorio dall’alienazione
ecologica. E’
stato istituita la
riserva naturale del torrente Orba
con sede nel vecchio mulino fortunosamente conservato in buono stato, con
lo scopo di cominciare a salvaguardare l’ambiente dei prati e il
recupero del torrente Orba in fase di totale abbandono. Si è costituita l’Associazione Amici di Santa Croce che ha come proposito di promuovere il recupero integrale del complesso conventuale e il rispolvero della storia e dell’opera del più illustre dei boschesi: San Pio V. Da
anni porta avanti lodevoli
iniziative sociali la
A.T. Pro Loco Boschese con lo scopo di vivacizzare la vita del paese dopo la vampata dei festival
dell’Unità e dell’Amicizia, all’inizio degli anni ottanta e poi
spentasi nell’oblio più totale. Nel
2004 è stato celebrato il 500° genetliaco di San Pio
V, nato il 17
gennaio 1504. Tale ricorrenza è stata l’occasione per una serie di
bellissimi eventi come la Santa Messa celebrata dal Cardinale Sodano in
Santa Croce e trasmessa per televisione su Rai uno, una serie di
rappresentazioni artistiche e operistiche che hanno fatto conoscere Bosco
Marengo e Santa Croce in tutt’Italia. Ma più ancora il convento di Santa Croce è stato scelto come sede permanente del The World Political Forum di cui è promotore il russo Michail Gorbaciov Tale iniziativa porterà la notorietà del paese a livello mondiale. xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx |
particolare della pala d'altare nella cappella del Rosario in Santa Croce. firmata e datata da Grazio Cossali - 1597 xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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Sacello con i nomi dei caduti durante la prima guerra mondiale sito in Santa Croce nella cappella dei Santi Domenicani xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
La trebbiatura ancora durante gli anni cinquanta. Un motore semidiesel a testa calda, la trebbiatrice, la pressapaglia e tanta socializzazione tra i lavoratori. Nel mese di agosto nei cortili della Valgelata questo rito riempiva tutta una giornata unica e particolare.
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