BREVE STORIA DI BOSCO

 

Comune di Bosco Marengo

a sinistra lo stemma del paese

a destra piazza Cardinale Boggiani con l'edificio del municipio 

( da una foto del 1950 )

 

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dell'Associazione Amici di Santa Croce

Piera   Bonabello

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Bosco Marengo  2003

p.Boggiani anni 50.jpg (219473 byte)

bastione mezzanotte - casa del capitano e case dossena.jpg (148478 byte)

Angolo di Bosco - bastione mezzanotte

si nota sulla sinistra la casa del capitano della guardia del Bosco

e sulla destra la casa del boschese Argento Dossena.  

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disegni di Beppe Girardengo

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    Bosco nacque durante il tardo impero Romano come Media Silva.

Probabilmente come stazione lungo la strada  Levata che allora era chiamata via Aemilia.

Diciamo probabile perché non si sa con certezza se era una stazione intermedia di passaggio, oppure un semplice villaggio di allora sito nelle vicinanze della via Emilia. Dopo la caduta dell’impero romano i Longobardi trasformarono Bosco in una fortezza a dominio della grande pianura che oggi chiamiamo Fraschetta. Cambiarono pure il nome dal latinizzato  Media Silva   a  Bosco.

Tale pianura allora completamente ricoperta dai boschi, con la caduta dei Longobardi prima e dei Franchi dopo divenne terra di confine tra Milano, Genova, il Monferrato e Torino. Fu in quel periodo intorno al mille che Bosco diventò un fortezza di prim’ordine con tanto di possenti mura aventi lo sviluppo di un chilometro e più, un largo fossato che lo attorniava , tre porte a volta, dodici torrioni di cui l’ultimo che si conserva è l’attuale campanile della chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Pantaleone, due castelli interni, sorti in epoche diverse, uno detto di Castelvecchio, che era il più antico e sorgeva sopra i muraglioni che sovrastano la Valgelata, l’altro detto di Castelnuovo, che si trovava dove ora si trova il centro ricreativo comunale della Pro Loco e un terzo castello fuori le mura dove più o meno oggi c’è il ristorante San Pio V. Fino al millecinquecento Bosco conserva il suo stato di fortezza raccogliendo attorno a se molte case e cascinali di contadini che lavoravano la terra naturalmente la maggioranza di essi con il sistema della servitù della gleba.

Nel 1504,  il 17 di gennaio, vi nacque Antonio Ghislieri che fu poi papa Pio V boschensis.

Nel 1537 Carlo V, ascoltando le proposte degli alessandrini, diede ordine di smantellare il forte di Bosco. Avevano il timore che in caso di assedio della città, il forte di Bosco poteva essere usato, dagli assedianti, come base contro Alessandria. Furono tolti i cannoni, abbattute alcuni tratti di mura. Furono tolti i ponti levatoi e il materiale di risulta cominciò a riempire i fossati che cingevano le mura. Iniziava a quel modo la distruzione del  più bel complesso edilizio che la fraschetta avesse mai avuto. Nel 1642 il conte spagnolo di Sirvela, comandante la piazzaforte di Milano,  diede ordine di demolirlo totalmente. Furono abbattute le torri conservandone una sola che oggi è la torre campanaria della chiesa parrocchiale e le muraglie verso l’Erzano. Poi dato l’appalto ad un boschese di completare l’opera il forte finì per essere abbattuto del tutto. Restarono i bastioni e gli archi delle tre porte d’entrata.  Alla fine nel 1814 furono abbattute anche questi.  Del forte di Bosco rimasero solo i bastioni che ammiriamo ancora oggi.

Nel 1566 venne eletto a Sommo Pontefice Antonio Ghislieri che assunse il nome di papa Pio V  boschensis.

Diede subito disposizione, secondo un suo desiderio, di costruire, fuori le mura, un convento domenicano dedicato a Santa Croce e tutti i Santi, che ricalcasse le direttive del concilio tridentino. Tale opera finì con la sua morte e non fu più continuata. Però la struttura è notevole e ci abitarono i frati domenicani fino all’epoca napoleonica.

Nel ‘600 Bosco fu perseguitato da una sorte funesta a seguito di una infinità di guerre che eserciti contrapposti combattevano da quelle parti. Naturalmente questi eserciti con diverse scuse e accuse vili si dedicavano alla razzia di tutto ciò che serviva come vettovagliamento delle truppe. Il convento di Santa Croce ed Ognissanti fu assaltato dalla truppa di un esercito che assediava Tortona, e spogliato di ogni cosa. Raccontano il Della Valle  e il Buzzone che fu distrutto tutto quello che non si poteva portar via. Le botti di vino delle cantine furono rotte e il vino lascito defluire per terra, violentate le donne, sequestrati religiosi, spogliata la biblioteca.

Fu un disastro totale. Ma non era ancora finita. Arrivò la peste del 1630 di memoria manzoniana. Morirono una persona su due e portati nel lazzaretto che fu ubicato nei prati dopo il mulino. Dopo la peste fu eretta la chiesa del Crocefisso. I morti probabilmente sono sepolti da quelle parti.

Si arrivò di tragedia in tragedia fino alla Rivoluzione Francese. Con la speranza di una vita nuova portata da idee illuministiche. Purtroppo arrivò Napoleone che diede il colpo di grazia a Santa Croce depredandola di tutto quello che aveva resistito alle precedenti spogliazioni.

La vita dei boschesi comunque non fu ne peggiore ne migliore di tanti esseri umani sparsi per l’Italia e per l’Europa di allora. Vigeva la servitù della gleba come forma dominante di produzione agricola, dove il ricavato dei contadini era il dieci per cento della produzione,  trasformandosi poco alla volta in mezzadria, dove il ricavato era il cinquanta per cento della produzione,  che arrivò fino alla seconda guerra mondiale.  Strano ma vero. Però i contadini potevano cominciare ad avere piccole proprietà di terra soprattutto dopo la Rivoluzione Francese. Si formò così un’economia domestica basata sull’allevamento del pollame, del maiale, del bestiame domestico, la coltivazione della vite fino al settecento quando una epidemia di Peronospora distrusse tutti i vigneti. Solo molti anni dopo i contadini di Bosco ripresero a produrre vino  per il loro consumo personale. Si dotarono di piccole vigne in grado di produrre trenta o quaranta brente di vino per famiglia così avevano da bere qualcosa di più puro dell’acqua. Il sistema delle vigne familiari fu in uso fino alla seconda guerra mondiale dopo di che andò completamente in disuso. L’ultima vigna di Bosco, che fu spiantata, fu quella di mio padre che resistette fino alla meta degli anni sessanta.

Un'altra attività economica integrativa alla famiglia e al lavoro in campagna fu l’allevamento del baco da seta. Arrivò con i veneziani che lo importarono dall’Impero Bizantino il quale a sua volta lo aveva importato dalla Persia che a sua volta lo aveva importata dalla Cina patria d’origine del baco da seta. Per allevare i bachi da seta la campagna boschese e tutta la campagna della pianura Padana fu riempita di gelsi. Queste piante arrivarono in Italia con il baco da seta.

Per la precisione il gelso dai frutti scuri “ morus nigra “ è di origine persiana mentre il gelso dai frutti bianchi “ morus alba” è di origine cinese.

La coltura del baco da seta fu in uso fino alla seconda guerra mondiale dopo di che fu abbandonata. Io stesso vidi da piccolo allevare bachi in famiglia fino alla fine degli anni quaranta. Dopo l’epoca napoleonica Bosco fece parte del regno sabaudo e visse da allora una vita tranquilla sotto la protezione dei Savoia e non più una vita di frontiera.

Nel 1865 assunse l’acronimo di Marengo e si chiamò definitivamente  Bosco Marengo.

All’inizio del ‘900 un’altra tragedia colpì Bosco e tutt’Italia. La prima guerra mondiale. Partirono per il fronte ottocento uomini i più sani, i più forti, i più produttivi, lasciando a casa solo donne, vecchi, bambini e i raccomandati.

Per tre lunghi anni le campagne furono lavorate dalle donne e dai vecchi mentre i giovani combattevano e morivano sul fronte. Ne morirono  sessantadue e alcune famiglie ebbero addirittura la morte dei due fratelli.

Con il fascismo e la politica dei grani lanciata da Benito Mussolini cominciò per Bosco una lenta ripresa che tutt’ora è in corso. La produzione di grano per staio boschese ( 620 m2 ) passò dai 50 Kg del 1925 tutti prodotti con il lavoro manuale ai 450 Kg degli anni duemila. Il lavoro fu di molto sollevato con l’introduzione delle macchine per il lavoro terra di cui ne fu indiscusso protagonista il trattore a testa calda, un diesel a due tempi che andava con qualsiasi tipo di combustibile fossile.

Dal recente passato, Bosco è sotto una nuova emergenza. L’ambiente dei prati e dei campi ha subito negli ultimi cinquant’anni un degrado da abbandono e da antropizzazione vergognoso.

Il vecchio mondo contadino che ha resistito fino alla fine degli anni cinquanta ha lasciato il posto ad un mondo nuovo dove alle logiche della produzione  e del mantenimento dell’ambiente come patrimonio produttivo si è sostituito la logica del profitto cieco e momentaneo lasciando andare in malora l’ambiente agreste non più considerato un patrimonio famigliare ma  risorsa da sfruttare spendendo il meno possibile,  riducendo ad uno stato pietoso quella che era una delle più belle campagne conosciute.

Oggi all’inizio del terzo millennio comincia per Bosco una nuova era. Lentamente stà prendendo coscienza la tutela dell'ambiente e si da vita ad una serie di iniziative nuove e moderne che dovrebbero, nel tempo, risolvere in parte il problema del territorio dall’alienazione ecologica.

E’ stato istituita la riserva naturale del torrente Orba  con sede nel vecchio mulino fortunosamente conservato in buono stato, con lo scopo di cominciare a salvaguardare l’ambiente dei prati e il recupero del torrente Orba in fase di totale abbandono.

Si è costituita l’Associazione Amici di Santa Croce che ha come proposito di promuovere il recupero integrale del complesso conventuale e il rispolvero della storia e dell’opera del più illustre dei boschesi:  San Pio V.

Da anni  porta avanti lodevoli iniziative sociali la A.T. Pro Loco Boschese con lo scopo  di vivacizzare la vita del paese dopo la vampata dei festival dell’Unità e dell’Amicizia, all’inizio degli anni ottanta e poi spentasi nell’oblio più totale. 

Nel 2004 è stato celebrato il 500° genetliaco di San Pio V, nato il 17 gennaio 1504. Tale ricorrenza è stata l’occasione per una serie di bellissimi eventi come la Santa Messa celebrata dal Cardinale Sodano in Santa Croce e trasmessa per televisione su Rai uno, una serie di rappresentazioni artistiche e operistiche che hanno fatto conoscere Bosco Marengo e Santa Croce in tutt’Italia. 

Ma più ancora il convento di Santa Croce è stato scelto come sede permanente del  

The World Political Forum di cui è promotore il russo Michail Gorbaciov

Tale iniziativa porterà la notorietà del paese a livello mondiale.

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particolare della pala d'altare nella cappella del Rosario in Santa Croce.

firmata e datata da

Grazio Cossali - 1597

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Sacello con i nomi  dei caduti durante la prima guerra mondiale sito in Santa Croce nella cappella dei Santi Domenicani

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La trebbiatura ancora durante gli anni cinquanta. Un motore semidiesel a testa calda, la trebbiatrice, la pressapaglia e tanta socializzazione tra i lavoratori.

Nel mese di agosto nei cortili della Valgelata questo rito riempiva tutta una giornata unica e  particolare.